Sbiancamento dentale. Cos’è ? Come funziona ?

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sbiancamanto_dentale_civitanova_marcheLo sbiancamento dentale è una procedura odontoiatrica che permette di migliorare il colore dei denti, rendendoli più bianchi. A questo primo tipo di sbiancamento, cosiddetto “cosmetico”, si affiancano altri tipi di sbiancamenti utili per risolvere discromie dentali, anche severe, dovute a patologie sistemiche (per esempio la fluorosi, disordini ematici, etc) oppure agli esiti di terapie con alcuni tipi di antibiotici (ad esempio, le tetracicline). I prodotti che vengono utilizzati a tal fine contengono principalmente perossido di idrogeno e perossido di carbammide, impiegati in varie concentrazioni a seconda della tecnica che si intende utilizzare e delle esigenze del paziente. Lo sbiancamento funziona grazie alla liberazione di ossigeno da parte del perossido di idrogeno o di carbammide nel momento in cui viene posto a contatto con i denti. Queste molecole di ossigeno vanno a disgregare le molecole dei pigmenti responsabili della discromia, e dunque rendendole non più visibili. Lo sbiancamento dentale agisce solo sui denti naturali, non agisce su corone protesiche, otturazioni o qualsiasi altro materiale da restauro presente nel cavo orale. Dopo il trattamento sbiancante, eventuali corone protesiche od otturazioni potranno essere maggiormente visibili in quanto non più adeguate al nuovo colore raggiunto dai denti naturali. In tal caso potranno essere sostituite con altre dello stesso colore dei denti sbiancati.

Durante il trattamento sbiancante sarebbe opportuno evitare l’assunzione di cibi e bevande pigmentanti come per esempio:

  • tè, caffè ecc;
  • fumo (sigarette, pipa), tabacco da masticare;
  • bevande e bibite colorate come coca-cola, vino, cocktail ecc;
  • salse e sughi;
  • verdure come carciofi, carote, pomodori ecc;
  • frutta come fragole, frutti di bosco, marmellate ecc;
  • caramelle colorate, liquirizia;
  • collutori.

Storia

Lo sbiancamento dentale è una delle pratiche odontoiatriche più antiche nella storia. Già i Fenici e gli Antichi Romani erano soliti usare impacchi di cera ed urea per sbiancare i denti. Nel Medioevo, invece, si applicavano delle soluzioni acide per andare a sciogliere lo strato più superficiale di smalto, ovvero quello più pigmentato, e se questo non era sufficiente si limavano con delle raspe di ferro le superfici esterne dei denti, fino a trovare smalto bianco. In seguito, hanno avuto molta diffusione i rimedi della tradizione popolare che prevedevano l’utilizzo di foglie di salvia da strofinare sui denti oppure la stessa cosa poteva essere fatta con le bucce di limone o il bicarbonato di sodio. Tali metodi, però, davano un risultato modesto e molto poco duraturo. Verso la fine dell’Ottocento, iniziano a comparire i primi trattamenti a base di perossido di idrogeno, ma a concentrazioni piuttosto elevate e dunque pericolosi per i pazienti. Facendo tesoro dei tentativi fatti dai colleghi in precedenza con varie concentrazioni di prodotto e varie tecniche, nel 1989 Van Haywood fu il primo a codificare quello che oggi chiamiamo sbiancamento domiciliare notturno. Parallelamente vennero codificate anche le tecniche per sbiancare con successo e senza rischi i denti devitalizzati. Attualmente le nuove frontiere di ricerca sullo sbiancamento dentale riguardano la combinazione tra trattamenti sbiancanti e trattamenti protesici, al fine di ottimizzare la resa estetica nei casi clinici complessi.

Contattateci pure per maggiori informazioni.

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